Un argomento molto discusso ed attuale è quello che riguarda le insidie stradali.
Giusy (nome di fantasia), in seguito ad una caduta su una porzione di asfalto dissestato, cade e cita in giudizio il Comune della sua città. Il Giudice di Pace, fatta svolgere una c.t.u., accoglie la domanda presentata da Giusy e condanna il Comune al pagamento di 5.000 euro di multa, oltre le spese di giudizio. Il Comune presenta ricorso in appello che viene accolto e ribalta la sentenza del giudice di pace, condannando Giusy al pagamento delle spese di giudizio e respingendo la richiesta di risarcimento presentata al Giudice di Pace. Contro la sentenza di appello, viene presentato ricorso in Cassazione.
La ricorrente insiste sull’errata applicazione dell’articolo 2051 da parte della Corte d’Appello, in quanto la caduta è avvenuta nel centro cittadino e sull’obbligo di custodia da parte del Comune, adducendo una confusione di norme ed in particolare sugli articoli 2043 e 2051.
Articolo 2043: Qualunque fatto doloso che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto, a risarcire il danno.
Articolo 2051: Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose in custodia, salvo che provi il caso fortuito.
Indipendentemente dalla “confusione” sia presunta che non, è importante evidenziare che la sentenza impugnata attribuisce la responsabilità della caduta ad esclusiva colpa della ricorrente. Infatti la caduta è avvenuta in pieno giorno, proprio nella strada dove risiede la ricorrente e che pertanto è alla stessa ben nota. Il caso fortuito, in questo caso, è il dissesto della strada, ma il danneggiato, pur conoscendo la strada, non ha utilizzato alcuna forma di cautela e quindi scatta la colpa perché il pericolo è altamente prevedibile e tale prevedibilità, con l’ordinaria diligenza, è sufficiente ad escludere la responsabilità del custode anche ai sensi dell’articolo 2051 e pertanto il ricorso è rigettato.
Cassazione Civile ordinanza 6 luglio 2015, n. 13930