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Non spetta il compenso all'amministratore di condominio disordinato

Spetta il compenso all'amministratore di condominio disordinato?

Può considerarsi necessario il registro della contabilità per la ricostruzione delle entrate e delle uscite? Secondo la Cassazione e secondo il buon senso, all'amministratore di condominio disordinato il compenso non spetta.  Infatti la Cassazione con la sentenza n.3892 del 2017  ha rigettato il ricorso di un amministratore di condominio che aveva fatto causa al condominio ai fini di farlo condannare al pagamento dei propri compensi. L'oggetto del contendere è il credito avanzato dall'amministratore per poco più di 15.000.000 di lire,  per anticipi da quest'ultimo effettuati nel corso degli anni. La stessa CTU, in sede di appello, aveva ampiamente dimostrato la mancanza di un giornale di contabilità che avesse registrato cronologicamente le operazioni riguardanti il condominio,consentendo in modo puntuale la verifica dei documenti giustificativi, onde non era possibile ricostruire l’andamento delle uscite e dei pagamenti effettuati, per fatto imputabile all’amministratore, tra i cui doveri rientrava quello di corretta tenuta della contabilità. La Stessa  Corte concludeva dunque che la mancata prova del pagamento del compenso dell’amministratore, derivante dalla mancanza di una regolare tenuta della contabilità, imputabile a quest’ultimo, non poteva pregiudicare le ragioni del condominio. E per questo l'amministratore di condominio presenta ricorso in Cassazione, che però  conferma le ragioni del Condominio. Infatti, riportando un precedente orientamento della stessa CAssazione, afferma che "la contabilità presentata dall’amministratore del condominio, seppure non dev’essere redatta con forme rigorose, analoghe a quelle prescritte per i bilanci delle società, deve però essere idonea a rendere intellegibili ai condomini le voci di entrata e di uscita, con le relative quote di ripartizione, e cioè tale da fornire la prova, attraverso i corrispondenti documenti giustificativi dell’entità e causale degli esborsi fatti, e di tutti gli elementi di fatto che consentono di individuare e vagliare le modalità con cui l’incarico è stato eseguito, nonché di stabilire se l’operato di chi rende il conto sia uniformato a criteri di buona amministrazione (Cass. 9099/2000 e 1405/2007). In assenza di tale adempimento, il credito dell’amministratore non può  ritenersi provato. Attesa dunque la situazione di mancanza di una contabilità regolare e della stessa predisposizione ed approvazione del rendiconto annuale di gestione dell’amministratore, la ricostruzione ex post da parte del Ctu, sulla base di una verifica documentale a campione, non appare idonea a fondare la prova del credito del ricorrente, che può essere desunta in modo attendibile dalla sola determinazione dell’ammontare complessivo dei versamenti effettuati dai condomini e dalle  uscite per spese condominiali, con relativi documenti giustificativi. Non è inoltre pertinente il riferimento del ricorrente al principio  secondo il quale, in sede di responsabilità contrattuale, il creditore deve soltanto provare la fonte dell’obbligazione, limitandosi ad allegare l’inadempimento della controparte, atteso che in materia di condominio, sulla base della disposizionedell’art. 1130 c.c., il credito dell’amministratore, come del resto ogni posta passiva, deve risultare dal rendiconto   approvato dall’assemblea, sulla base di una regolare tenuta della contabilità, sì da rendere intellegibili ai condomini le voci di entrata e di spesa e di valutare in modo consapevole l’operato dell’amministratore".

 

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