Cassazione Civile, sez. II, sentenza 03/06/2015 n° 11445
Art. 1102 Codice Civile - Uso della cosa comune
Ciascun partecipante puo' servirsi della cosa comune, purche' non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine puo' apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa.
Il partecipante non puo' estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti, se non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso.
Leggendo questo assunto sorge spontaneo chiedersi fino a che punto il condomino può intensificare l'uso delle parti comuni, o meglio ancora, quando l'uso più intenso può impedire agli altri lo stesso uso.
L'articolo 1118 fa riferimento alle tabelle millesimali e quindi si pone come una misura nel diritto di ogni condomino, ma se considera pesi e vantaggi, non fa certo riferimento al godimento come l'articolo 1102. La stessa Cassazione con la sentenza n.8808, nel 2003 ha definito il pari uso non come "uso identico e contemporaneo, dovendo ritenersi conferita dalla legge a ciascun partecipante alla comunione la facoltà di trarre dalla cosa comune la più intensa utilizzazione, a condizione che questa sia compatibile con i diritti degli altri". Ne consegue che l'uso più intenso è totalmente staccato dal concetto di quote di proprietà.
Con queste premesse, la Corte di Cassazione con sentenza n.14107 del 2012, ha ritenuto legittima l'apertura di varchi nei muri perimetrali con porte e finestre, rispettando le condizioni dell'articolo 1102, "essendo i rapporti condominiali informati al principio di solidarietà, il quale richiede un costante equilibrio fra le esigenze e gli interessi di tutti i partecipanti alla comunione, qualora sia prevedibile che gli altri partecipanti alla comunione non faranno un pari uso della cosa comune, la modifica apportata alla stessa dal condomino deve ritenersi legittima, dal momento che in una materia in cui è prevista la massima espansione dell'uso, il limite al godimento di ciascuno dei condomini è dato dagli interessi altrui, i quali pertanto costituiscono impedimento alla modifica solo se sia ragionevole prevedere che i loro titolari possano volere accrescere il pari uso cui hanno diritto.
I medesimi concetti sono rafforzati nella sentenza 11445 del giugno 2015, e più specificatamente nella parte dove viene richiamato l'articolo 1102: ciascun comproprietario ha diritto di trarre dal bene comune un'utilità - più intensa o anche semplicemente diversa da quella ricavata eventualmente in concreto dagli altri comproprietari, purché non ne venga alterata la destinazione o compromesso il diritto al pari uso. A tal fine il singolo condomino può apportare alla cosa comune le modificazioni del caso, sempre sul presupposto che l'utilità, che in contrasto con la specifica destinazione della medesima o, a maggior ragione, che essa non perda la sua normale ed originaria destinazione. Maggiore uso e rispetto della non alterazione della destinazione non necessitano pertanto di autorizzazione dell'assemblea, ma incontrano dei limiti nell'articolo 1120 sulle innovazioni vietate.