La Signora Giuliana (nome di fantasia) è la proprietaria di un appartamento all’interno di un edificio condominiale. Alle riunioni partecipa sempre il marito, che con il suo comportamento da proprietario induce amministratore e condomini, in buona fede, al convincimento che lo sia.
La Sig.ra Giuliana un bel momento decide di impugnare due delibere assembleari sollevando questioni di nullità per il semplice fatto di non essere mai stata convocata alle assemblee. Ovviamente si costituisce il Condominio che controbatte sostenendo che la Signora non ha mai comunicato all’amministratore dello stabile di essere la proprietaria.
In primo grado e in appello il verdetto è contro la Signora Giuliana ed in particolare la Corte dichiara:
“dalla documentazione acquista agli atti del processo risultava che alla riunione condominiale aveva sempre partecipato il marito dell’appellante, comportandosi come titolare del diritto di proprietà dei locali posti nel condominio, e la di lui moglie non aveva mai comunicato di essere lei l’effettiva proprietaria ingenerando con il suo comportamento il ragionevole convincimento negli organi condominiali che il di lei marito fosse l’effettivo proprietario dei locali di cui si dice“.
A questo punto la Proprietaria ricorre in Cassazione che le dà ragione dando torto al Condominio, reo di aver trascurato di accertare l’effettiva realtà sui pubblici registri contro ogni regola di prudenza. Ecco la motivazione della Suprema Corte (Sentenza 30 aprile 2015, n. 8824):
Nelle assemblee condominiali devono essere convocati solo i condomini, cioe’ i veri proprietari e non coloro che si comportano come tali senza esserlo. Nei rapporti tra il condominio ed i singoli partecipanti ad esso, infatti, mancano le condizioni per l’operativita’ del principio dell’apparenza del diritto volto, essenzialmente, alla tutela dei terzi di buona fede; e terzi, rispetto al condominio non possono essere ritenuti i condomini. D’altra parte, ed in generale, la tutela dell’apparenza del diritto non puo’ essere invocata da parte del soggetto (nel nostro caso dal Condominio) che abbia trascurato di accertare l’effettiva realta’ sui pubblici registri, contro ogni regola di prudenza. Del resto, il regime giuridico di pubblicita’ rappresenta un limite invalicabile all’operativita’ del principio dell’apparenza: pubblicita’ ed apparenza sono, infatti, istituti che si completano l’un l’altro, rispondenti alle medesime finalita’ di tutela dei terzi di buona fede; ma proprio per cio’ stesso alternativi. La tutela dell’apparenza non puo’ tradursi in un indebito vantaggio per chi abbia colpevolmente trascurato di accertarsi della realta’ delle cose, pur avendone la concreta possibilita’. In definitiva, il ricorso va accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio della causa ad altro giudice (non ricorrendo le condizioni perche’ la causa possa essere decisa nel merito in questa sede), che si designa in una diversa sezione della Corte d’appello di Roma, cui viene anche rimessa la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.