Dare del bugiardo ad un politico che non mantiene le promesse elettorali è reato?
Secondo la Cassazione non lo è.
La vicenda inizia nell’anno 2011 in un paesino del versante jonico della Sicilia. Sei esponenti politici di una corrente politica opposta, decidono di affiggere sulle pubbliche vie un manifesto in cui contestano ad un Sindaco di corrente politica diversa, il fatto di non aver mantenuto gli impegni presi con la cittadinanza in campagna elettorale, con epiteti abbastanza coloriti. Il Sindaco non gradisce e si rivolge alla Magistratura che nel 2014 gli dà ragione e condanna i sei esponenti, escludendo l'esistenza del diritto di critica politica «viste le connotazioni personali delle ingiurie contenute nel testo dei manifesti». Da qui la condanna degli imputati, che peraltro avevano riconosciuto la paternità del manifesto, spiegando come il loro intento non fosse denigratorio, «ma frutto di una decisione politica diretta».
Il ricorso in appello ribalta la sentenza di primo grado stabilendo che quelle parole - «falso, bugiardo, malvagio, ipocrita» - erano sì «offensive», ma «pertinenti», da ricondurre all' interno dello scontro politico. Uno scòrno per l' ex sindaco che si era costituito parte civile nel processo al fine di ottenere anche il risarcimento del danno, pronto a sua volta a impugnare la sentenza di appello. E così si arriva in Cassazione.
In tale sede, i Giudici, nel corso dell'udienza pubblica del 14.11.2017, confermano la pronuncia dei giudici di appello, spiegando che il verdetto dei giudici di merito è corretto perché gli epiteti rivolti all’ex Sindaco «presentavano una stretta attinenza alle vicende che avevano visto l' opposizione contrapporsi al sindaco». Oggetto dello scontro era la promessa, da parte dell'allora sindaco, di rinunciare in caso di elezione all' indennità di funzione. Impegno, ricordano i giudici, disatteso.
