Va condannato per sequestro di persona il padre che rinchiude la figlia per contrastare le sue scelte amorose. Articolo 605 del codice penale:
Chiunque priva taluno della libertà personale è punito con la reclusione da sei mesi a otto anni.La pena è della reclusione da uno a dieci anni, se il fatto è commesso:
1) in danno di un ascendente, di un discendente o del coniuge;
2) da un pubblico ufficiale ………….etc.
Il fatto. Un uomo tiene la figlia prigioniera in un capannone in quanto le scelte sentimentali di questa contrastano con la volontà dei familiari. Le urla ed i pianti vengono però sentiti da un Carabiniere di passaggio che – grazie al cielo –interviene in difesa della ragazza prigioniera, rendendosi conto che la porta del capannone può essere aperta soltanto dall’esterno. Aspetta il padre e procede all’arresto, liberando la ragazza.
A sua difesa, il padre “carceriere” sostiene che vivere all’interno del capannone è stata una scelta autonoma della figlia e che comunque era possibile uscire in qualunque momento. Poco importa se all’interno c’erano le sbarre e la serratura dall’interno non funzionava.
Dopo un primo grado di giudizio e l’appello di condanna per il padre “carceriere”, il procedimento approda in Cassazione. Il caso viene esaminato considerando come difesa le convinzioni religiose della famiglia essendo originari dell’Egitto. Vero è che in tema di convinzioni religiose è da ritenersi rinunciabile una certa sfera di libertà personale, ma soltanto nel momento in cui tale rinuncia non sia viziata da violenza o minaccia. In questo caso non c’è stato alcun consenso da parte del padre che esercita una forte pressione psicologica sulla figlia anche insultandola e sottraendo il passaporto.
La stessa Cassazione penale sez. V 14 ottobre 2014 n. 49610: Integra il delitto di sequestro di persona la condotta di colui che costringe la vittima, con violenza o sotto minaccia, a salire su un'automobile, in quanto ai fini dell'integrazione del detto delitto è sufficiente che vi sia stata in concreto una limitazione della libertà fisica della persona, in modo da privarla della capacità di spostarsi da un luogo all'altro, a nulla rilevando la durata dello stato di privazione della libertà, che può essere limitato anche ad un tempo breve.
Pertanto il ricorso viene respinto con la sentenza n. 39197/15 Corte di Cassazione, VI sez. penale.