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Mobilità dei dipendenti pubblici


 

La norma, dettata dalla legge di stabilità ultima, riforma il precedente impianto già preesistente da anni e invero assai poco utilizzato e apporta modifiche imponendo il limite temporale alle amministrazioni entro cui verificare la dotazione di personale e riducendo il livello di relazioni sindacali che diventa di sola informazione preventiva.        

 

La legge di stabilità per il 2012 (ossia la legge n. 183 del 12 novembre 2011, disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato, ultimo atto del Governo Berlusconi), interviene nuovamente, dopo le due “finanziarie” d’estate, sulle pubbliche amministrazioni, in particolare con l’art. 16 relativo alla mobilità dei dipendenti pubblici.

 

La norma è importante soprattutto per un valore forse un po’ più che simbolico: in altri casi, le raccomandazioni dell’Unione europea avevano fatto riferimento a generiche necessità di riduzione della spesa pubblica, con riferimento anche alla spesa del personale, ma non erano state così esplicite nel richiedere uno specifico intervento normativo come in questo caso in cui, sia pure tra virgolette, si è fatto esplicito riferimento alla “cassa integrazione” dei dipendenti pubblici.

 

Detto questo, la norma costituisce un intervento modificativo di un impianto già presente da anni (e molto poco utilizzato), ossia l’art. 33 del d.lgs. n. 165/2001 (che riprendeva una analoga previsione del d.lgs. n. 80/98). Per certi versi si potrebbe dire che opera un migliore coordinamento interno al d.lgs. n. 165/2001 anche alla luce della ratio del d.lgs. n. 150/2009. Non sono invece possibili, adesso, previsioni sul maggiore utilizzo di tale nuova procedura rispetto alla versione precedente.

 

Le novità più sostanziali riguardano la necessità che ogni amministrazione provveda ogni anno ad una verifica della propria dotazione di personale e degli eventuali esuberi (prima non esisteva un limite temporale1) e il fatto che l’inosservanza di tale obbligo ricognitivo comporta delle sanzioni, come l’impossibilità per l’amministrazione inadempiente di poter procedere ad assunzione o ad instaurare qualsivoglia rapporto di lavoro pena la nullità degli atti, e la responsabilità disciplinare per il dirigente che non attivi le procedure previste (precedentemente era prevista una responsabilità per danno erariale, che in linea teorica non si deve ritenere esclusa neanche adesso ma, prima, la mancanza di un limite temporale - o almeno la mancanza di un esplicito rinvio a un obbligo annuale di rilevazione - poteva rendere di difficile attivazione un giudizio per danno).

 

L’altra evidente modifica, che riprende anche un punto cardine del d.lgs. n. 150/2009, è relativa alle relazioni sindacali. Precedentemente era prevista una informazione preventiva alle Rsu e alle organizzazioni sindacali firmatarie del CCNL, con indicazione dei motivi dell’esubero e dei motivi tecnici e organizzativi per i quali si riteneva di non poter adottare misure per il riassorbimento del personale e su tale informazione si apriva il confronto che, in caso di disaccordo, poteva, almeno per amministrazioni statali ed enti pubblici non economici, proseguire presso la funzione pubblica con la partecipazione dell’Aran. Ora rimane solo l’informazione preventiva.

 

Rimane invece un riferimento a criteri e procedure definite dai CCNL per mobilità extra comparto e al di fuori dell’ambito regionale.

 

Vediamo comunque, più in dettaglio, la nuova normativa.

 

Come già indicato, l’art. 16 “Disposizioni in tema di mobilità e collocamento in disponibilità dei dipendenti pubblici” della L. n. 183/2011, sostituisce l’art. 33 del d.lgs. n. 165/2001 e stabilisce che le amministrazioni pubbliche, laddove ravvisino situazioni di soprannumero o di eccedenze, anche in sede di rilevazione annuale delle eccedenze del personale, ai sensi dell’art. 6, comma 12 del decreto medesimo, devono attivare le procedure indicate nell’articolo, dando immediata comunicazione al Dipartimento della funzione pubblica.

 

La mancata ricognizione annuale comporta per le amministrazioni l’impossibilità di assumere o di instaurare qualsiasi tipo di rapporto di lavoro con qualsiasi tipologia contrattuale, pena la nullità di tali atti.

 

La mancata attivazione delle procedure di mobilità comporta, per il dirigente, responsabilità disciplinare.

 

La procedura inizia con l’informazione preventiva che il dirigente deve dare alle rappresentanze unitarie del personale ed alle organizzazioni sindacali firmatarie del CCNL di comparto o area.

 

Decorsi dieci giorni dalla comunicazione l’amministrazione applica l’art. 72, comma 11 del d.l. n. 112/2008 (legge n.133/2008)3 in base al quale l’amministrazione può recedere, unilateralmente, dal rapporto di lavoro al momento del compimento della anzianità massima contributiva di quaranta anni dei lavoratori considerati in soprannumero.

 

Altrimenti, ma in subordine, l’amministrazione verifica se è possibile una ricollocazione del personale in eccedenza nell’ambito della stessa amministrazione, anche, dice la norma “mediante il ricorso a forme flessibili di gestione del tempo di lavoro, o a contratti di solidarietà”. Si ritiene che per forme flessibili di gestione del tempo di lavoro si voglia parlare della possibilità di part-time, orizzontali o verticali, mentre non si comprende il richiamo ai contratti di solidarietà, non applicati e non applicabili alla pubblica amministrazione.

 

Se non è possibile una ricollocazione presso la stessa amministrazione allora, previo accordo, si cercherà di ricollocare i lavoratori presso altre amministrazioni, ma sempre nell’ambito della medesima regione, tenuto conto, dice la norma, di quanto prevede l’art. 1, comma 29 del d.l. n. 138/2011 (legge n. 148/2011) che stabilisce l’obbligo per il lavoratore di effettuare le prestazioni lavorative in luogo di lavoro e sedi diversi se lo richiede l’amministrazione, sulla base di motivate esigenze tecniche, organizzative e produttive4.

 

Per l’eventuale passaggio diretto ad altre amministrazioni fuori dal territorio regionale, si prevede che possano essere i contratti collettivi a stabilire criteri generali e procedure per consentire tale passaggio.

 

In questo caso si applica quanto dispone l’art. 30 del medesimo decreto n. 165/2001 che norma il passaggio diretto di personale tra amministrazioni diverse.

 

Tutta questa procedura deve durare 90 giorni dalla data di comunicazione alle Rsu e alle organizzazioni sindacali, decorsi 90 giorni infatti l’amministrazione collocherà in disponibilità il personale che non è stato possibile ricollocare o che non abbia preso servizio presso la diversa amministrazione.

 

Da questo momento restano sospese tutte le obbligazioni inerenti il rapporto di lavoro ed il lavoratore ha diritto, per un massimo di 24 mesi, ad una indennità pari all’80% dello stipendio e dell’indennità integrativa speciale, con l’esclusione di qualsiasi altro emolumento retributivo. E’ riconosciuto il diritto all’assegno familiare e il periodo di godimento della indennità sarà valido ai fini pensionistici.

 

E’ stabilito poi che le norme del novellato art. 33 si applichino anche nei casi di cui all’art. 15 del d.l. n. 98/2011 (legge n. 111/2011) relativo alle procedure per la liquidazione degli enti pubblici dissestati.

 

Le disposizioni precedenti non si applicano ai concorsi già banditi e alle assunzioni già autorizzate alla data di entrata in vigore della legge.

(Fonte ARAN)

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