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Assistenza legale e guida in stato di ebbrezza

Una  sentenza della Corte di

Cassazione, la n.46386/15 ha affermato che chi provoca un incidente stradale guidando in stato d’ebbrezza, va informato che può farsi assistere dal proprio legale  in caso di prelievo del sangue, In assenza di tale informazione il prelievo è nullo.

Il caso affrontato riguarda un conducente di età inferiore a 21 anni che aveva guidato in stato d’ebbrezza provocando un incidente stradale con feriti con un tasso alcolemico riscontrato pari a 1,55 g/L, accertato presso l’Azienda Ospedaliera.

Il ricorso scaturisce dalla condanna in appello che confermava la sentenza di primo grado di otto mesi di arresto e 3.000 euro di multa. Il Difensore dell’imputato solleva l’eccezione che il prelievo ematico, costituente trattamento sanitario invasivo, non era stato effettuato quale accertamento sanitario seguendo il protocollo medico, ma su specifica richiesta dalla Polizia Giudiziaria, senza richiedere il consenso al paziente e senza l’autorizzazione del Pubblico Ministero, e sempre trattandosi di un accertamento di Polizia Giudiziaria, sussisteva l’obbligo di avvisare l’imputato della facoltà di farsi assistere da un Legale di fiducia.

Cerchiamo di esaminare gli aspetti della vicenda.

Il prelievo di sangue, su richiesta della P.G., senza il consenso del paziente è stato più volte discusso ed affermato, secondo una giurisprudenza costante, che i risultati per terapia di pronto soccorso, in caso di incidente stradale, possono essere usati per l’accertamento del reato di guida in stato d’ebbrezza, indipendentemente dal consenso dell’interessato, mentre per il suo carattere invasivo, il conducente può rifiutare di sottoporsi al prelievo, se richiesto dalla P.G. e finalizzato esclusivamente alla presenza di alcool nel sangue.

Quindi, riepilogando, in caso di incidente stradale in cui il conducente sia coinvolto, gli Organi di P.G. possono chiedere l’accertamento del tasso di alcool e la relativa certificazione finalizzata a verificare il superamento della soglia, finalizzato a configurare il reato. Nel momento in cui il prelievo viene eseguito nel rispetto di un protocollo medico di pronto soccorso, anche ai fini di cure farmacologiche, non c’è alcuna necessità di avvisare l’interessato, a tutela del suo diritto di difesa, di nominare un avvocato. Diversamente, se i sanitari non ritengono necessario il prelievo, né alcuna terapia specifica, la richiesta degli Organi di P.G. di effettuare il prelievo, senza consenso dell’interessato, o in presenza di un suo specifico dissenso, è illegittima e quindi non può essere utilizzata. Nel caso esaminato dalla Suprema Corte, il prelievo, non rientrava nell’ambito di un protocollo sanitario, ma era stato richiesto dalla P.G. solo per verificare il tasso di alcool presente nel sangue, e pertanto il paziente andava informato della facoltà di farsi assistere da un Legale, e quindi, non essendo utilizzabile, il ricorso è stato accolto.

La sentenza è stata depositata il 23 novembre 2015.

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