Parcheggiare male la propria auto,
bloccando il passaggio di altre autovetture integra il delitto di violenza privata. Questo è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n.48346 depositata il 7 dicembre 2015.
Protagonista del fatto è un’automobilista donna che per non fare scappare un altro veicolo, ne aveva sottratto le chiavi e parcheggiato l’auto in modo da bloccarne il passaggio, nell’attesa dell’arrivo della Polizia. Tale condotta integra – secondo la Cassazione – il reato di cui all’articolo 610 codice penale. In particolare il delitto di violenza privata è di natura sussidiaria nel senso che esso è ravvisabile ogni qualvolta non si configuri, per quel determinato fatto, una diversa qualificazione giuridica e si consuma quando l’altrui volontà sia costretta a fare o tollerare qualche cosa, senza la necessità che l’azione abbia un effetto continuativo, vertendosi in materia di delitto istantaneo. (Cass. Pen., sentenza 22.04.1988, n. 4996). Ad onor del vero, la ricorrente, a giustificazione della sua condotta, aveva dichiarato di avere subito un’aggressione, e proprio per questo motivo aveva parcheggiato in modo da impedire l’allontanamento prima dell’arrivo della Polizia. Indipendentemente da quanto lamentato dalla ricorrente, il reato di violenza privata si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente l'offeso della libertà di determinazione e di azione, potendo consistere anche in una violenza "impropria", che si attua attraverso l'uso di mezzi anomali diretti ad esercitare pressioni sulla volontà altrui, impedendone la libera determinazione.
La stessa Cassazione: “Ad integrare il reato di cui all’art. 610 c.p. è sufficiente che il soggetto passivo abbia perduto o abbia ridotto sensibilmente la capacità di determinarsi e di agire secondo la propria volontà; ne consegue che qualora un automobilista sia costretto a rallentare e a fermarsi, anche se per un attimo, a seguito delle manovre di guida di altro automobilista che, sorpassando e sterzando avanti alla sua autovettura, impedisca concretamente a quest’ultima di continuare la marcia nella propria direzione, si è in presenza di una condotta di guida intimidatoria, diretta al fine di costringere il soggetto passivo a fare, tollerare od omettere qualcosa e, quindi, di una condotta integratrice del delitto punito dalla norma sopra indicata”. (Cass. Pen., sentenza 19.03.1985, n. 2545 ).
Il delitto di violenza privata ha natura di reato istantaneo che si consuma nel momento in cui l’altrui volontà sia rimasta di fatto costretta a fare, tollerare od omettere qualcosa, senza che sia necessario il protrarsi nel tempo dell’azione o dell’omissione o il permanere degli effetti.
Per cui, la condotta della donna che ha bloccato ogni "via d'uscita" al veicolo della parte offesa, integra senza dubbio il reato ex art. 610 c.p.
E per questo motivo, la Cassazione ha rigettato il ricorso della signora, condannandola al pagamento delle spese processuali, nonché al rimborso delle spese sostenute nel grado dalla parte civile.